Tra le componenti fondamentali per l’apprendimento troviamo la memoria. Esistono differenti modi di classificare i vari aspetti della memoria, tra cui quello di distinguere tra memoria a breve e a lungo termine. Anche Platone si occupò di memoria e nel Menone e nel Fedro distinse tra anàmnesis e mnème. In questo articolo vogliamo approfondire il concetto di memoria come elemento della conoscenza e dell’identità, riflettendo sul rapporto tra conoscenza e memoria.

1. Memoria a breve termine e memoria a lungo termine

La memoria a breve termine è formata dai ricordi che durano nel mentre che li utilizziamo, infatti è chiamata anche memoria di lavoro1 (alcuni esempi possono essere nomi, indirizzi e numeri di telefono che non utilizziamo abitualmente); la memoria a lungo termine2 è invece quella costituita dai ricordi che permangono per settimane, mesi o che diventano indelebili (le nostre impressioni riguardo un film, il nome delle persone che frequentiamo con regolarità, il nostro indirizzo di casa).

Una prima osservazione per quanto riguarda il rapporto tra memoria e identità è che la memoria a breve termine comprende eventi che non sono indispensabili per la creazione o il consolidamento della nostra identità, non hanno un peso emotivo particolare, e hanno una funzione di tipo pratico piuttosto che costituente. Gli eventi che fanno parte della memoria a breve termine non entrano a far parte della nostra autointerpretazione, non rappresentano lo scenario della nostra esistenza e non influenzano le nostre scelte di carattere esistenziale. La nostra identità è costituita piuttosto dagli eventi che abbiamo consolidato nella memoria a lungo termine.

Un altro elemento di discrimine tra le due tipologie di memoria è il rapporto che esse intercorrono con il tempo e la conoscenza. William James, psicologo e filosofo statunitense, sostiene che la memoria a breve termine è la conoscenza che non è necessario evocare, perché non ha mai abbandonato il flusso principale del pensiero: “l’informazione non arriva fino a noi come frammento di un passato puro, ma in quanto appartiene al frammento anteriore di questo stesso presente”3. Questa interpretazione della memoria a breve termine implica il fatto che essa, temporalmente, non è situata nel passato, ma in quella zona di indeterminatezza del presente, inteso come una sovrapposizione di campi e non come come un punto definito.

Quando invece l’informazione smette di occupare la nostra attenzione e non ne abbiamo più coscienza, essa entra a far parte della memoria a lungo termine, da dove può essere recuperata nel momento del bisogno (sempre che essa sia stata consolidata). I ricordi evocati dalla memoria a breve termine, non vengono ancora classificati come passati, ovvero come appartenenti a quel momento temporale che permette il confronto con se stessi e la consapevolezza della distanza temporale; sono ricordi in attesa di essere dimenticati, divenire inconsapevoli, per poter poi essere, eventualmente, consolidati nella memoria a lungo termine.

L’operazione del consolidamento è dunque fondamentale affinché le esperienze vissute passino dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. Il consolidamento è quell’azione che fa diventare effettivamente passate le percezioni e le informazioni del presente. Divenendo passate, le nozioni imparate acquistano la capacità di poter tornare presenti (presso-l’ente) ogni qualvolta è ritenuto necessario. Possiamo dire che la conoscenza stia tutta nella capacità di memorizzare? Secondo Platone no. Per Platone conoscere significa ricordare, riportare a sé delle conoscenze innate.

2. anàmnesis e mnème: reminiscenza e memoria.

Platone tratta del tema della memoria e della conoscenza in diversi dialoghi, tra cui il Menone, il Fedro e il Teeteto. Platone individua due termini per riferirsi al concetto generale di memoria: anàmnesis e mnème, ovvero reminiscenza e memoria.

Con il termine mnème Platone intende la conservazione della sensazione e la capacità dell’anima “in sé stessa, da sé, senza il corpo” di recuperare “quelle affezioni che un tempo ha provato insieme al corpo”. La memoria è dunque il far tornare presente qualcosa di passato, che siano concetti o sensazioni.

La reminiscenza, anàmnesis, è invece un risveglio della memoria, anche in assenza di memoria consapevole. Cosa significa risveglio della memoria? Quello che Platone intende è una presa di consapevolezza di quello che tutti gli esseri umani conoscono in quanto esseri umani, come ad esempio la percezione della quantità, del tempo o dello spazio. Apprendere significa, per Platone, trarre a sé, ovvero ricordare le verità già possedute. Il risveglio della memoria diventa palese nelle discipline matematiche. Nel Menone Platone realizza un esperimento maieutico, ovvero interroga uno schiavo ignaro di geometria e riesce a fargli risolvere, interrogandolo socraticamente un complesso problema che richiedeva la conoscenza del teorema di Pitagora. L’interrogazione socratica è il porre le domande giuste affinché l’interrogato possa trarre da sé la soluzione la problema e trovare, come Pitagora prima di lui, la soluzione al problema, senza applicare in modo passivo la formula ma deducendola egli stesso dall’osservazione della figura. L’idea di fondo è che non è necessario ricordare a memoria, in modo meccanico, delle formule matematiche per conoscere la matematica. Quello che è necessario per conoscere la matematica è l’esercizio di derivazione delle regole e delle formule sulla base di quello che già conosciamo in modo innato.

Nel Fedone Platone riflette su come noi possiamo constatare con i sensi l’esistenza di cose uguali, maggiori, minori, quadrate o circolari ecc. Riflettendo in modo più attento constatiamo anche che le nostre percezioni sensibili non si adeguano mai perfettamente all’idea che abbiamo di essi, ad esempio due oggetti non saranno mai perfettamente uguali o un oggetto perfettamente quadrato. Nonostante questo noi abbiamo la nozione di uguale perfetto, o di cerchio perfetto, abbiamo dentro di noi delle conoscenze che non derivano dalla percezione sensibile della realtà e che ci permettono di operare matematicamente.

 

In cosa consiste dunque la conoscenza? Sicuramente la memoria è necessaria, come il ricordare e il poter riportare a sé delle informazioni memorizzate in passato. Quello che però fonda davvero la conoscenza è la capacità di dedurre, di ragionare, di trarre a sé le informazioni necessarie anche se non sono presenti nella nostra memoria. Conoscere è costruire un ragionamento partendo dai dati disponibili, che siano dati matematici o che siano informazioni pratiche della vita quotidiana. Non essere troppo vincolati alla memoria permette alla mente di restare flessibile e trovare anche vie alternative, perché in fondo, uscendo dall’ambito scolastico e matematico, nessun problema sarà mai esattamente uguale a uno già affrontato e non possiamo applicare sempre lo stesso modus operandi e le stesse formule, quello che viene richiesto è allenare una mente creativa e flessibile, il pensiero laterale, in modo da inventare soluzioni nuove e funzionali a partire da quello che abbiamo a disposizione.


1    J. C. López, Il telaio della memoria. Come il cervello tesse la trama dei ricordi, Edizioni Dedalo, Bari 2004, p. 31.

2   Ibidem.

3   J. C. López, Il telaio della memoria. Come il cervello tesse la trama dei ricordi, Edizioni Dedalo, Bari 2004, p. 33.