Tutti noi abbiamo sicuramente provato in prima persona il legame tra bellezza e apprendimento: quante volte ci siamo trovati ad imparare con molta più facilità quello che ci piace rispetto a quello per cui non proviamo interesse?

Date queste considerazioni iniziali possiamo domandarci come utilizzare al meglio il legame tra bellezza e apprendimento.

Prima però è importante stabilire se il collegamento tra l’apprendimento e la bellezza abbia delle basi neurologiche oppure no. A tal proposito, il gruppo di ricerca BraIn Plasticity and behavior changes – BIP group ha approfondito questa tematica ed esposto i risultati delle loro ricerche durante la Settimana del Cervello 2022. Ho avuto modo di partecipare alla conferenza e riporterò di seguito alcune parti dell’incontro aggiungendo alcune mie considerazioni personali.

1. La bellezza ci sostiene nell’apprendimento e nella comprensione dei cambiamenti

Durante la prima parte della conferenza, Pietro Sarasso (psicologo, psicoterapeuta della Gestalt in formazione e ricercatore dell’università di Torino) parla di come la bellezza e la musica in particolare siano necessari all’uomo per superare momenti di forte cambiamento. Cosa c’entra il cambiamento con la musica e l’apprendimento? Durante momenti storici difficili e critici, come ad esempio quello che abbiamo appena attraversato (una pandemia), è appurato che le persone rispondano facendo musica. Personalmente aggiungo che possiamo pensare anche ai riti di passaggio e religiosi di varie tribù, necessariamente accompagnati dalla musica; così come i nostri “riti di passaggio” che determinano grandi cambiamenti, come ad esempio i matrimoni, in cui la musica è sempre presente.

La funzione positiva della musica durante questi periodi di difficoltà e cambiamento sta nella sua capacità di metterci in connessione con il mondo. Basti pensare al fatto che la musica si basa sull’ascolto, l’ascolto degli altri e l’ascolto di sé. Nella musica sono presenti accordi, armonia. La musica è sintonizzazione con l’alterità. Si fa avanti l’idea che la musica e l’arte in generale creino una maggiore connessione con il mondo esterno, ci facciano sentire più connessi e sintonizzati con quella che è la realtà, sostenendoci quindi in situazioni di cambiamento, in virtù dell’aiuto che ci dà nel comprendere meglio il cambiamento stesso. Maggiore è la sintonizzazione maggiore è la comprensione.

2. Ricordiamo meglio quello che ci piace di più?

La seconda parte della conferenza ha affrontato l’aspetto più tecnico e scientifico del legame tra bellezza e apprendimento ed è stata diretta da Irene Ronga (post-doc presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università degli Studi di Torino).

Utilizzando l’EEG (elettroencefalografia, ovvero la misurazione dell’attività del sistema nervoso) possiamo dimostrare che esiste un legame tra apprendimento e bellezza. Le due ipotesi da dimostrare sono:

È vero che ci ricordiamo meglio quello che ci piace di più?

Si tratta di un fenomeno attenzionale generale o è specifico per l’apprendimento?

L’esperimento consisteva nel far ascoltare vari arpeggi a varie persone. Alcuni arpeggi erano consonanti (presenti spesso nella musica pop e più facilmente comprensibili), altri arpeggi erano invece dissonanti (presenti soprattutto nella musica jazz e blues e meno usuali). Per memorizzare al meglio gli arpeggi ascoltati è stato chiesto ai partecipanti all’esperimento di cantare quello che avevano sentito e dire quali arpeggi consideravano più belli e quali meno. A prescindere dal fatto che gli arpeggi memorizzati meglio fossero consonanti o dissonanti, è risultato che i partecipanti ricordavano meglio quelli che avevano dichiarato trovare più belli.

Questo esperimento, assieme ai dati raccolti grazie all’ EEG, ha dimostrato che memorizziamo meglio quello che riteniamo bello. Quello che resta da definire è se questo risultato evidenzia esclusivamente un aumento di attenzione oppure se determina una maggiore capacità di apprendimento. Per risolvere questo dilemma è stato necessario trovare un modo per poter misurare l’apprendimento.

3. Come possiamo misurare l’apprendimento?

Il BIP Group insieme a dei colleghi di Harvard hanno costruito un algoritmo teorico per valutare l’apprendimento. L’algoritmo è in grado di dire quanta informazione veicola uno stimolo. Data una successione di stimoli, come gli arpeggi dell’esperimento precedente, ogni stimolo veicola una quantità diversa di informazione. La quantità di informazione dipende dalla novità dello stimolo (il primos timolo veicola più informazione in quanto è nuovo) e da quanto sia bello esteticamente.

Osservando i dati raccolti hanno costruito una curva ideale di apprendimento, la curva che rappresenta come apprenderebbe il nostro cervello se fosse sempre concentrato esclusivamente sull’apprendimento e se fosse completamente sintonizzato con il mondo esterno. La curva ideale di apprendimento è stata poi confrontata con una curva reale data dall’EEG durante l’esperimento: più le due curve coincidevano, più l’apprendimento era ideale.

Ripetendo l’esperimento di prima hanno trovato una correlazione tra gli arpeggi che piacevano maggiormente e l’apprendimento, poiché quando un soggetto ascoltava un arpeggio che definiva bello la curva dell’EEG coincideva con la curva ideale dell’apprendimento. Si è così potuto dimostrare che quello che ci piace genera un apprendimento migliore che non è derivato solo da un’attenzione maggiore ma da una vera e propria connessione maggiore.

Quello che ci piace di più esteticamente ci fa essere maggiormente connessi con il mondo e fa essere il cervello in una condizione migliore per l’apprendimento, i meccanismi di apprendimento diventano ottimali per quello che ci piace. La bellezza può quindi aiutare a sintonizzarsi con il mondo esterno, a comprendere il cambiamento e aumentare la capacità di apprendere.

4. Come possiamo migliorare l’apprendimento delle cose che non ci piacciono?

Dopo aver ascoltato questa conferenza pensai a come poter utilizzare queste informazioni nell’ambito del tutoraggio. Apprendiamo meglio le informazioni che riteniamo belle, ma cosa possiamo fare per migliorare l’apprendimento delle cose che ci piacciono meno ma che sono magari comunque necessarie?

Un’idea è stata quella di provare ad allenare gli studenti a cercare qualcosa che gli possa piacere in ogni materia. Parlo di allenamento perché ritengo che questa sia una capacità che abbiamo tutti e che dipenda solo dall’allenamento quotidiano a guardare la realtà con occhi diversi. Se è vero che non esistono fatti ma solo interpretazioni allora tanto vale scegliere l’interpretazione con la quantità maggiore di bellezza.

Se l’obiettivo è quello di imparare una materia che non mi piace ma che è necessaria, non sarà sottolineando quanto non mi piace che potrò apprenderla con più facilità. Esercitandosi a trovare degli aspetti stimolanti e piacevoli in ogni materia si può far leva su quelli per aiutare il nostro cervello ad apprendere meglio. Trovare gli aspetti interessanti e belli di ogni materia è un esercizio di creatività. La creatività e la capacità di trovare gli stimoli vanno di pari passo e nascono entrambe dal guardare la realtà da una prospettiva nuova, oltre che da una situazione di noia e di staticità. Quando non siamo troppo soggetti a stimoli continui dall’esterno, quando ci annoiamo, la nostra mente può finalmente diventare ricettiva anche verso l’interno di noi stessi, comprendendo quello che ci piace e quello che ci piace meno, per poterlo così ricercare nel mondo esterno, anche in quei posti e in quelle materie di studio dove non avremmo mai pensato di trovarle.

Lascio di seguito i link al lito del gruppo di ricerca BIP e al video della conferenza tenuta in occasione della Settimana del Cervello 2022

BraIn Plasticity and behavior changes – BIP Group

SINTONIZZARSI CON IL MONDO: MUSICA E BELLEZZA PARLANO AL CERVELLO – YouTube